Il macagn’ è un formaggio
di latte vaccino intero che si ottiene cagliando il latte appena munto, non
pastorizzato. La cagliata, riscaldata a una temperatura superiore ai 40° e
contemporaneamente rotta, viene estratta e passata a mano: le forme ottenute
sono quindi sottoposte a breve o moderata stagionatura (minimo venti giorni,
massimo due messi). La pasta è compatta e ha un colore tra il bianco e il
paglierino, un sapore delicato con aroma di erbe dei pascoli. Prende il nome
dall’alpeggio situato in Valsesia a un’altitudine di 2.200 metri che per
tradizione è utilizzato dagli alpigiani biellesi.
Il maccagno si distingue
dal macagn’ perché è ottenuto partendo sia da latte vaccino intero pastorizzato,
sia da latte non pastorizzato. È un formaggio a pasta semicotta prodotto in tutta
l’area biellese, con una metodologia che non si discosta molto da quella del
macagn’ per quanto riguarda il riscaldamento della cagliata, la rottura e la
pressatura. Le forme cilindriche stagionano in ambienti freschi e umidi per un
periodo che può variare dai venti giorni ai tre mesi, durante il quale assume
una consistenza e un sapore via via più intensi e peculiari.
La mascherpa si ottiene
con il siero rimasto dalla lavorazione della toma o del macagn’, che viene
rimesso nella caldaia e portato all’ebollizione con l’aggiunta di una piccola
quantità di limone o aceto utili a favorire la coagulazione della caseina. I
piccoli fiocchi che affiorano in superficie vengono recuperati e messi a
scolare per un paio di giorni in un telo a trama larga. Successivamente,
vengono impastati con erbe aromatiche e bacche di ginepro pestate. Le forme, a
cilindro stretto o a tronco di cono, sono lasciate a stagionare accanto al
focolare per un periodo che va da una settimana a tre mesi, durante il quale
assumono sapori e consistenza via via più marcate.
La toma biellese è preparata
con latte vaccino da animali della razza pezzata rossa di Oropa,
proveniente da due mungiture successive e sottoposto a una parziale scrematura.
Il latte viene riscaldato a 38° e coagulato con l’aggiunta di caglio. Si
procede, quindi, alla rottura della cagliata “a chicco di riso”, poi all’estrazione
e alla pressatura manuale, spesso integrata con quella meccanica. La salatura
avviene in genere per immersione: seguono l’asciugatura e lo strofinamento con
uno straccio imbevuto di salamoia per almeno una settimana, dopodiché si
procede alla stagionatura che può durare alcuni mesi. La pasta è di colore
giallo paglierino. Compattezza e sapidità si accentuano con il procedere della
stagionatura.
La toma brusca ha una pasta
dalla consistenza particolare, dovuta al diverso punto di acidità del latte
utilizzato: tradizionalmente, era preparato unendo al latte della mungitura
serale (che tenuto in ambienti tiepidi iniziava a inacidire, durante la notte,
grazie all’opera dei batteri lattici) quella munto il mattino successivo. Oggi
viene prodotto con latte vaccino intero, caglio e fermenti lattici in forme
cilindriche che pesano intorno ai tre chili. La pasta bianca, semidura, presenta
una struttura unita e leggermente granulosa, che, con il procedere della
stagionatura – variabile fra i trenta e i novanta giorni – diventa più
compatta, morbida e sapida.
Il tomino di Sordevolo è
un formaggio fresco dalla consistenza gelatinosa, preparato con latte intero in
forme che pesano circa quattrocento grammi. Al latte appena munto viene
aggiunto il caglio e, dopo un riposo di circa un’ora, si procede alla rottura
della cagliata, fatta in modo da ottenere frazioni di grosse dimensioni. La
cagliata viene quindi estratta, messa nelle fascere a sgocciolare e subito
messa in commercio. Si mangia al naturale, con un pizzico di sale, oppure
impastato con olio, aceto, sale e spezie (sancarlìn e frachèt) o insaporito con
la tradizionale mostarda di mele.
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